All’interno della cornice tratteggiata in un precedente intervento della nostra Presidente Linda Croce, che raccontava quanto siano centrali i servizi di assistenza domiciliare per i nostri territori, si inserisce una serie di interviste fatte agli operatori e alle operatrici domiciliari, per sentire e capire con loro come sia cambiato il loro ruolo durante i mesi di epidemia Covid-19.
In questa intervista di Davide Veronese, progettista dell’area cure primarie della cooperativa, ascoltiamo Cornelia e Alessandra, operatrici dell’assistenza domiciliare anziani presente nel Comune di Sommacampagna.
Negli ultimi due mesi il nostro vocabolario si è arricchito di espressioni come “distanziamento sociale”, “misure di prevenzione dal contagio”, “dispositivi di protezioni individuali”. Locuzioni chiave per descrivere una situazione in cui è necessario prendersi cura della salute propria ed altrui.
Nel lavoro di cura a domicilio sono termini che si traducono in materiali tangibili e procedure ben definite. Abbiamo chiesto alle operatrici domiciliari come stanno riuscendo ad assicurare l’assistenza in tutta sicurezza per gli utenti e per se stesse.
Con la pandemia Covid-19 in corso sono necessarie precauzioni aggiuntive. Quali sono gli accorgimenti che vengono messi in atto per lavorare in sicurezza per l’utente e per l’operatore?
“In verità utilizzavamo i dispositivi di protezione individuale anche prima dell’arrivo del Covid-19”, esordisce Cornelia Morcov, operatrice del servizio di assistenza domiciliare nel comune di Sommacampagna. “Con l’esordio dell’emergenza abbiamo comunque subito ricevuto dal nostro coordinamento le indicazioni e i dispositivi di protezione individuale aggiuntivi. Doppi guanti, mascherine, camici, grembiuli, visiere, occhiali, soprascarpe, soluzioni igienizzanti idroalcoliche. Insomma tutto quanto fosse necessario per operare in tranquillità. Inoltre applichiamo tutti gli accorgimenti prescritti, come igienizzare spesso le mani o chiedere anche agli utenti di indossare la mascherina durante il servizio”.
Cosa significa l’applicazione di queste procedure nel lavoro domiciliare con l’utente?
“Significa prima di tutto spiegare per bene agli utenti e ai familiari le disposizioni di sicurezza e come agire nel rispetto delle regole di prevenzione”, racconta Cornelia. “Nel nostro servizio tutto è filato liscio: abbiamo subito informato e tranquillizzato le persone che si sono dimostrate molto collaborative, anche perché hanno potuto notare ed apprezzare l’introduzione di accorgimenti ulteriori come, per esempio, la riduzione dei possibili contagi attraverso il mantenimento delle stesse operatrici per gli stessi casi”.
Qual è la reazione da parte di utenti e familiari quando vi vedono arrivare “nonostante tutto”?
“Soprattutto all’inizio alcuni utenti non erano contenti di vederci con la mascherina, visiera e quant’altro”, afferma Alessandra Banchi, operatrice socio sanitaria collega di Cornelia. “Avevano difficoltà a riconoscerci con il viso coperto. Quando hanno capito l’importanza dell’uso di dispositivi di protezione e prevenzione, si sono adeguate di buon grado alle norme di igiene richieste. Anzi ci ringraziano per le misure applicate e si dispiacciono che a causa del distanziamento sociale non possono scambiare un abbraccio o una carezza di saluto: per alcune di queste persone siamo quasi come delle figlie”.
Quasi come delle figlie: come riuscite a tenere insieme le esigenze di sicurezza con gli aspetti relazionali?
“Spesso mi chiedo perché facciamo questo lavoro”, continua Alessandra. “Soprattutto in questo periodo capita di chiedermi quale sia il senso di quello che facciamo e come lo facciamo. La risposta che mi do è che la mia scelta di lavorare nell’assistenza domiciliare significa entrare nelle case, prendermi cura di queste persone pur con tutte le precauzioni igieniche di sicurezza, e non solo da un punto di vista fisico, ma anche rispetto al carico emotivo dato dalle situazioni personali e familiari. Credo che non siamo eroi, ma fa parte del nostro lavoro anche questo”.