Sapevamo che la salute è una questione importante, già prima dello scoppio della pandemia. Con il Covid-19 ne abbiamo avuto la conferma: senza un sistema socio-sanitario integrato e ben oliato gli effetti sarebbero stati probabilmente molto peggiori.

Fortunatamente possiamo fare affidamento su esperti professionisti della cura che non hanno mai smesso di portare soccorso e cure anche a domicilio. Tra questi sicuramente in prima fila troviamo i nostri infermieri e infermiere del servizio di assistenza domiciliare integrata, ai quali abbiamo chiesto il “segreto” per continuare a mantenere un alto grado di qualità nei nostri servizi.

Da più parti e a buona ragione siete nominati “eroi” di questa pandemia. Come vivete questa responsabilità nel lavoro quotidiano a casa degli utenti?

“Non siamo eroi, siamo gente che fa con il cuore il proprio mestiere”, esordisce Valerica Cojocaru, infermiera del servizio di assistenza domiciliare integrata e socia di Azalea. “La responsabilità nei domiciliari la senti tantissimo perché hai davanti situazioni delicate per le quali sei chiamata a dare risposta con professionalità. Tuttavia deve essere una responsabilità condivisa, in primis con il paziente e il caregiver, perché altrimenti non si può raggiungere l’obiettivo del recupero della salute della persona”.

– Nel vostro lavoro vi trovate spesso a collaborare con altre figure professionali della cura. Come riuscite ad integrare il vostro lavoro con quello degli altri operatori rispetto al fine comune della salute dell’utente?

“Si tratta di un lavoro di squadra”, continua Valerica, “perché si coopera a più livelli per la salute dell’utente. Per esempio, capita che se durante la medicazione notiamo che c’è bisogno di intervenire in maniera diversa avvisiamo il medico. Ugualmente se dal dialogo con l’utente e il caregiver emerge che c’è qualcosa che non va facciamo un passaggio con il coordinatore e l’assistente sociale. Insomma ogni figura ha la sua importanza e responsabilità ed è importante mantenere un buon livello di aggiornamento reciproco sull’andamento della guarigione per accompagnare in modo ottimale l’utente. Con questo lavoro di squadra, il lavoro domiciliare ti ripaga tantissimo dal punto di vista umano”.

– Quali sono, secondo te, le basi per permettere una presa in carico complessiva e coordinata della salute dell’utente?

“Sicuramente il confronto tra i diversi professionisti e la famiglia”, afferma Jessica Dalla Chiara, coordinatrice del servizio ADI per la cooperativa sociale Azalea. “Sarebbe, inoltre, utile tenere insieme in un’unica cartella non solo gli accessi di medici e infermieri, ma anche di altri professionisti, come operatori, fisioterapisti e assistenti sociali. Attraverso il dialogo a più livelli si può riuscire a integrare sempre più le varie competenze per migliorare lo stato di salute della persona”.

– Riuscireste specificare un po’ di più quanto avete appena detto?

“La ferita si guarisce insieme”, aggiunge Valerica. “Non si tratta di considerare la piaga o la flebo di un paziente come cose a sé, per cui io infermiere mi prendo cura di quelle e basta. Come ti dicevo, per fare una buona assistenza, va preso in considerazione l’utente e il suo ambiente di vita per capire complessivamente come agire in maniera efficace. Se, per esempio, la famiglia o il caregiver non fanno una corretta mobilitazione del paziente, se il medico non fa intervenire il fisiatra che valuta la necessità di un materasso antidecubito, se gli operatori socio sanitari non eseguono il bagno in un modo adeguato alla situazione della persona, allora sarà molto difficile che la ferita guarisca. È tutta questa rete di persone che lavora con un comune obiettivo che fa guarire la ferita. L’infermiere è fondamentale, ma è comunque solo una parte della soluzione”.

 

Intervista a cura di Davide Veronese, progettista dell’area Cure primarie di Azalea