I numeri sono importanti. Tanto più se si tratta di persone.

A Verona e provincia vivono più di 64.000 ultraottantenni. Di questi più del 60% vivono da soli. Numeri difficili da assimilare. È come una città popolata da 38.000 nonne e nonni isolati gli uni dagli altri. Come se tutto il quartiere Borgo Roma fosse abitato esclusivamente da anziani con più di ottant’anni, ognuno nel suo piccolo appartamento.

La crisi da Covid-19 è una doppia sciagura per questi nostri anziani: non solo la malattia li colpisce maggiormente nelle loro fragilità, ma anche li priva ancora di più delle già deboli reti di relazioni. Specialmente in questo periodo, non è difficile immaginare cosa significhi vivere senza qualcuno con cui condividere la giornata, anche semplicemente per fare quattro chiacchiere. Aggiungiamoci gli acciacchi dell’età e le piccole difficoltà di ogni giorno come lavarsi, farsi da mangiare o fare la spesa.

Proprio qui entrano in gioco le nostre operatrici e operatori. Meglio, entrano in casa. E lo fanno chiedendo permesso, in punta dei piedi, perché al di là del lavoro che devono svolgere, riconoscono all’anziano il giusto rispetto dovuto al padrone di casa. Rispetto che significa chiedere come sta, informarsi della sua quotidianità, eseguire le faccende domestiche domandando all’inquilino in cosa è possibile essere d’aiuto. In poche parole, queste nostre operatrici e operatori sono le “eroine” e gli “eroi” che giorno dopo giorno – non solo in tempi di Covid-19 – si prendono cura dei nostri anziani, recandosi a domicilio e spesso offrendo l’unico contatto umano della giornata. Un supporto che vale ancora di più perché è relazione, è ascolto, è un sorriso caldo. Soprattutto un sostegno che non rimane tra le quattro mura domestiche, ma diventa in tanti modi un ponte con la comunità. In un rapporto di fiducia con l’operatore e per suo tramite la persona anziana è in grado di conservare il legame con la propria famiglia, con il suo contesto di vita e con gli altri professionisti della cura. Fuori dall’emergenza, l’anziano è aiutato anche ad uscire per commissioni o momenti di socializzazione, sicuro di potersi appoggiare ad un braccio conosciuto ed affidabile.

Riusciamo a dare senso ai numeri solo se li associamo a persone concrete.

Quindi quando l’emergenza sarà solamente una dolorosa memoria e potremo tornare tutti alla nostra quotidianità, ricordiamoci di quell’anziano vicino di casa e bussiamo alla sua porta, anche solo per una parola gentile. E ricordiamoci anche di chi continuerà a portare sollievo ai nostri nonni, una volta di più consapevoli che prendersi cura dei più fragili è l’unico modo per costruire e dare senso alla nostra comunità.

 

Davide Veronese, progettista area Innovazione e sviluppo