Nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dello scorso 17 maggio “è fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”. Insomma, per proteggere la loro salute, i nostri anziani e malati devono ancora rimane a casa. Tuttavia questo prolungamento dell’isolamento mantiene alta la pressione sui caregiver, familiari in primis, in quanto risulta difficile la possibilità di avvalersi di forme di supporto non domiciliare. In che modo allora la figura dell’operatore diventa un’opportunità “da sfruttare” per i caregiver? Lo abbiamo chiesto ai nostri operatori socio sanitari attivi nel comune di Verona.
Caregiver sono tutti coloro che offrono cura e prestano attenzione a qualcuno in difficoltà. Quali sono i loro bisogni in questo periodo e le richieste che ricevi più spesso da parte loro?
“In questo periodo arrivano soprattutto richieste di una assistenza quotidiana agli anziani”, spiega Veronica Venturato, coordinatrice del servizio di assistenza domiciliare di Azalea presso il comune di Verona. “Il fatto che molti caregiver si siano trovati a casa dal lavoro a causa degli effetti della pandemia, insieme alla difficoltà di fare affidamento come in altri tempi alle associazioni di volontariato, ha comportato l’aumento della richiesta di assistenza giornaliera. Per esempio, c’è bisogno di un supporto esterno anche semplicemente per andare a fare la spesa in quanto impossibilitati a lasciare incustodito il proprio familiare”.
A prescindere dal contesto attuale, sembra esserci una contrapposizione tra familiari assenti e familiari iper-presenti nella relazione di cura con il proprio congiunto. Quali sono i consigli che ti sentiresti di dare loro per mantenere la “giusta distanza”?
“È difficile dare consigli, ma possiamo provare a dare delle indicazioni di massima”, continua Veronica. “Per chi, per vari motivi, non può essere vicino al proprio familiare potrebbe essere utile mantenere un contatto anche solo telefonico con la coordinatrice o con l’operatrice che si reca a domicilio, in modo da rimanere aggiornato rispetto all’andamento della sua salute. Per chi, invece, è molto presente nella relazione di cura potrebbe risultare proficuo non sostituirsi completamente al proprio familiare, lasciando che eserciti i propri spazi di autonomia seppur residua”.
L’operatore è un punto di riferimento per l’utente e la famiglia, ma per forza di cose è a domicilio solo per poche ore alla settimana. Quali suggerimenti daresti ai caregiver per “sfruttare” al massimo il tuo supporto?
“Avere fiducia nell’operatore”, afferma Laura Bonizzato, operatrice socio sanitaria nel servizio di assistenza domiciliare presso il comune di Verona. “È fondamentale che si instauri una relazione di fiducia tra il caregiver e l’operatore, basata sul riconoscimento della competenza ed esperienza di chi entra in casa in punta dei piedi e si prende cura dei loro cari. Alcuni anziani possono mettere in atto atteggiamenti di resistenza e, a volte, facciamo il loro bene essendo un po’ rigidi. In qualità di professionista preparato non solo dal punto di vista operativo, ma anche relazionale, l’operatore può offrire suggerimenti utili ai caregiver per una migliore gestione dell’anziano a casa”.
Puoi spiegarmi un po’ meglio che cosa intendi?
“Certamente”, continua Laura, “Per esempio, prima dell’inizio del Covid-19, ho seguito una signora anziana con problemi di carattere psicologico che non intendeva fare le scale. Ci sono voluti sei mesi, ma sono riuscita ad accompagnarla a scendere le scale di casa, aiutandola così a mantenere le proprie autonomie di movimento. Costruendo una relazione empatica di fiducia con la signora e con alcuni dei suoi figli è stato possibile raggiungere un obiettivo prima ritenuto impossibile. Erano dieci anni che non usciva”.
Intervista a cura di Davide Veronese, progettista dell’area Cure primarie di Azalea