Lo sentiamo dire da settimane: state a casa. Un semplice consiglio per uscirne il prima possibile, per proteggere chi è fragile, per ridurre i danni umani ed economici di questa pandemia. Ma stare a casa non ha lo stesso significato per tutti e tutte e non costa a tutti la stessa fatica. C’è chi non ha un PC e una rete che lo aiutano a risolvere molti dei problemi pratici che la quarantena impone, dalla scuola per i figli alla spesa online, solo per citarne alcuni; c’è chi vive in una clima di violenza, dove il luogo meno sicuro è proprio la casa; ci sono le persone non autosufficienti e i loro caregiver, spesso lasciati soli a gestire tutto; c’è chi è solo a fare i conti con un futuro incerto, una solitudine che pesa ancora di più in questo isolamento forzato. In sintesi, la quarantena è difficile per tutti e tutte ma lo è ancora di più per chi si trova in una situazione di fragilità (emotiva, fisica o economica).

Consapevoli di questo, risulta inevitabile domandarsi — per chi come noi lavora tutto l’anno a stretto contatto con situazioni di vulnerabilità — come possiamo in questo momento di emergenza sostenere queste fragilità con un’organizzazione flessibile in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze specifiche della singola persona, tutelando allo stesso momento la salute pubblica? La nostra pratica lavorativa e la nostra esperienza di vita ci suggeriscono che una risposta è il potenziamento stesso di tutti gli interventi di cura e di assistenza domiciliare. Si tratta quindi di addentrarsi nel tema della domiciliarità già da tempo al centro dei piani di zona territoriali socio-sanitari, ma ancora poco conosciuta dai non addetti ai lavori e questione molto spesso rimasta ai margini del discorso politico e sociale, anche in questa fase di emergenza internazionale.

Ma cosa intendiamo nello specifico per servizi domiciliari? Comunemente, con tale etichetta si intendono tutte quelle misure che non prevedono lo spostamento della persona dal proprio domicilio. Sotto questa denominazione ricadono interventi socio-sanitari come il supporto domestico, la consegna di pasti a domicilio, la cura della persona, l’assistenza medico-infermieristica a casa del paziente e interventi più socio-educativi come i percorsi di autonomia e inclusione per persone con problemi di salute mentale o supporti educativi a sostegno di nuclei familiari e minori; nonché forme di home care caratterizzate da una maggiore intensità di assistenza, quali l’ospedalizzazione a domicilio. La dimensione domiciliare delle cure e la varietà dei soggetti pubblici e privati interessati rivestono oggi un’importanza strategica: nella quasi totalità delle Regioni italiane infatti i servizi domiciliari sono inseriti nelle cure primarie e l’ambito in cui si pongono è il distretto socio-sanitario che rappresenta nella sua dimensione territoriale anche il luogo ottimale di realizzazione delle attività integrate con il comparto sociale.

La nostra cooperativa gestisce servizi domiciliari fin dalla nascita e in questi anni dalle persone che ci lavorano e dai nostri utenti abbiamo appreso il valore dello “stare a casa propria”, dove per “casa” intendiamo un luogo fatto di relazioni, legami, incontri e ricordi. Tutti i nostri servizi sono pensati a partire da questa logica e hanno l’obiettivo di creare le condizioni affinché la persona possa rimanere nella propria casa o ci possa tornare, lavorando in una continua sinergia con i servizi residenziali e semi residenziali.

Il nostro desiderio è che il potenziamento della domiciliarità venga messo al centro del dibattito politico e riconosciuto come possibile risposta a questa emergenza, sia nella fase di gestione della crisi che nella fase successiva di ricostruzione, con l’augurio che il focus su questi servizi prenda in carico anche le principali criticità emergenti dai processi di trasformazione sociali in corso, come possono essere i giovani anziani, la solitudine sociale, le diseguaglianze economiche e i bisogni culturali.

Sulla scia di queste considerazioni, abbiamo deciso di dedicare il mese di aprile al racconto dei servizi domiciliari della nostra cooperativa. E vogliamo farlo direttamente con le parole di chi, quotidianamente, svolge questo lavoro. Cristina, una nostra operatrice, alla fine di una giornata di lavoro scrive: “Sto per uscire da casa di T., dopo averle fatto da mangiare e averla più volte rassicurata. Indaffarata con guanti e mascherina ancora indossati, raccatto la borsa e la giacca. Lei con la sua voce un po’ stentata pronuncia “GRAZIE SAI!”. Mi giro e in quegli occhi velati e pessimisti riconosco un’autentica gratitudine per la mia costante presenza. Quel “GRAZIE SAI!” dà un senso enorme a quello che faccio e ai rischi che corro, io e tanti miei colleghi e colleghe. Torno a casa con un senso di compiutezza che mi fa sentire bene e stempera le mie paure. Grazie T., oggi è una bella giornata.”

È di questo senso che vi vogliamo parlare e delle 350 persone fra operatori socio-sanitari, infermieri ed educatori che ogni giorno in Azalea si prendono cura di 2000 persone, fra anziani, disabili, minori e persone con problemi di salute mentale, rendendo tutto questo possibile.

Un tributo al loro lavoro, alla loro passione e senso di responsabilità. Grazie.

 

Linda Croce, Presidente cooperativa sociale Azalea